NOTE DI REGIA
Ho ascoltato molto mia madre sulla sua infanzia negli anni ’90, sugli incendi del villaggio e le alternative che scoprirono esistere in quell’oscurità. Ossa raccolte da alberi, i suoni che gli animali emettevano mentre fuggivano dagli incendi… Anche se non ho vissutoin quell’atmosfera, questa era la fonte dei disordini che si erano annidati dentro di me, ne ero sicura. I disordini che esistevano nella mia vita fin dal primo momento che rimembro era il ricordo che mia madre mi aveva inconsciamente trasferito.
All’inizio non c’era nulla di chiaro, il film non aveva nemmeno una struttura. Ho duplicato le fotografie che mio padre ha scattato a Mardin, le ho ritagliate e cucite. Non avevo un testo, ma delle pagine su cui scarabocchiavo i miei pensieri. Ho guardato queste pagine e ho chiesto quello che volevo chiedere. Durante questo processo di pensiero, la canzone “Rojek te” suonava sempre nella mia testa. Questa canzone parla della vicinanza di un giorno in cui possiamo sentirci a casa.
Ciò che è emerso alla fine di questo processo è stato il mio flusso di coscienza e una risposta incerta alle domande che mi ponevo su me stessa. E la coscienza guadagnata. A mio parere, questa coscienza porta la storia dall’essere personale a un luogo sociale.