Durante la costruzione della grande muraglia Un film di Alfredo Ronchetta
Il titolo è (quasi) uguale a quello di un gruppo di racconti di Franz Kafka. È soltanto di questo, e della vertigine di enormità dell’opera che qui viene evocata, che, per questo filmato, gli sono debitore. Per il fatto che sia esistito, invece, la mia gratitudine resta sempre infinita. Le immagini provengono dal passato, dal mio passato. Sono state riprese quarant’anni fa, con una otto millimetri, e costituiscono il primo film che mi sia capitato di girare. Era l’estate del 1968, in Tanzania, e lavoravo come volontario in un cantiere per la costruzione di un ospedale. Quando il guidatore del camion che trasportava i mattoni al cantiere si ammalò, venni promosso da manovale ad autista. Fu così che mi capitò di arrivare alla mattonaia e affacciarmi su questo girone infernale: corse nella calura africana, con più di dieci chili di fango sulle braccia, corse tra muri di mattoni ad asciugare al sole, corse per riuscire a produrre un cottimo sufficiente a sbarcare una misera giornata, corse cantando inni al Signore, corse nel fango, corse nella polvere, corse nel fumo, corse, e ancora corse. Avevo una cinepresa e, invece di usarla per riprendere gli animali della savana, decisi di utilizzare tutte le poche bobine di pellicola di cui disponevo per raccontare queste corse. Il film mi servì poi per fare qualche spettacolo teatrale e per passare qualche esame alla facoltà di Architettura. La storia che viene narrata dalla voce fuori campo è una storia vera in tutti i suoi dettagli, ed è facilmente riconoscibile anche se nel film non vengono esplicitati, né il luogo, né il tempo, né il personaggio. Il luogo è la Cina, il tempo è il III secolo a.c., e il personaggio è Ying Zhèng, signore di Qin. Questi, dopo avere sottomesso tutti i regni vicini, ordina che da allora lo si chiami Qin Shi Huang, primo imperatore della dinastia Qin, primo imperatore della Cina. Lui inizia la muraglia, lui ordina il rogo di tutti i libri e l’interramento di 46 eruditi, lui si fa costruire l’esercito di terracotta che, riesumato, viene oggi mandato in tournée per i musei del mondo. Tuttavia è ancora vivo in noi il ricordo (risale solo alla fine del secolo appena concluso) di eserciti che bruciavano libri e costruivano muraglie. E oggi vediamo il nostro popolo costruire muri nel mare e tingerli di sangue. La verità di questa storia, quindi, non è legata né a un tempo, né a un luogo, né a un personaggio. Jorge Louis Borges, nel primo capitolo di Altre inquisizioni, si sofferma a considerare il personaggio Qin Shi Huang e la relazione tra i due eventi chiave della sua vita, apparentemente contraddittori: la costruzione della muraglia, a difesa di territorio e cultura, e il rogo dei libri, a cancellazione di passato e cultura (dell’esercito di terracotta ancora B. non conosceva l’esistenza). Da questo scritto ho tratto il pensiero che Borges immagina possa essere passato nella mente dell’imperatore prima della sua morte: “ Gli uomini amano il passato e contro codesto amore non posso nulla, e nulla possono i miei carnefici, ma un giorno verrà un uomo che avrà il mio stesso sentire, e costui distruggerà la mia muraglia, come io ho distrutto i libri, cancellerà la memoria di me e sarà la mia ombra e il mio specchio, e non lo saprà". I tamburi di fondo li ho registrati nel 1973 in un villaggio del nord dello Zaire, sulle rive del fiume Ubanghi. Il popolo dei Lokele, che abita questa regione è famoso per i suoi tamburi. Per loro tramite infatti essi riescono a parlare e a comunicare a distanza superando la barriera visiva costituita dalla foresta. Non è un codice quello che viene usato, come potrebbe essere il nostro Morse, ma una vera e propria riproduzione tonale della parola. Anche qui parole e barriere. Anche se qui le parole non vengono bruciate, ma rilanciate, e le barriere vengono penetrate. Sembra che il tema generale di questo film si rincorra da solo, senza volerlo, in modi strani. Il brano che ho usato da ambiente (l’8 mm. di partenza è muto) non riproduce però un discorso fatto con i tamburi, e nemmeno un momento intenso di musica, ma quella fase in cui tutti si cominciano a radunare, la gente chiacchiera, i tamburi si scaldano e la festa sta per cominciare. Un po’ come mi piacerebbe fosse questo nostro film.