Una donna legge i tarocchi; la sopravvissuta del “Massacro del Circeo”, uno degli episodi di rapimento e violenza più efferati della cronaca nera italiana, risponde alla domande di un giornalista; una donna accusata dell’omicidio di quattro persone viene interrogata dai magistrati; una donna racconta del suo rapporto con la morte, mentre un’altra cerca nella pratica religiosa una risposta alla violenza. Queste voci fanno emergere, in modi diversi, il rapporto alla vita attraverso il discorso della morte.
NOTE DI REGIA
Le immagini in pellicola a colori mostrano dei paesaggi naturali, familiari, dal mare alla collina, dei luoghi semi abbandonati di periferia, gli interni di una casa. Esse danno forma, in un unico flusso, ad una sorta di diario di appunti e sembrano suggerire un vagare fuori dal tempo, nel vuoto e nella perdita, un ricordo di qualcosa che è stato e che non è più. Le immagini, come una lunga interferenza, si pongono in stridente contrasto con la traccia sonora che tenta, da parte sua, di ricomporre frammenti di storie, talvolta crudi e talvolta intimi, come se il solo atto di ascoltare potesse essere un’intrusione. Il film prende vita dalla tensione tra le immagini e le voci, tra una connessione agli spazi quasi familiare, rafforzata dall’uso della pellicola in 16mm e in super8, e gli scenari oscuri che le voci vogliono incarnare. I frammenti di voci costruiscono un unico monologo che diventa lo specchio delle mie proprie angosce: il vuoto, la paura della morte, l’errore, il dubbio che pesa su chi discute di innocenza e colpevolezza. “Cos’è veramente la giustizia?”, si chiede e mi chiede la cartomante alla fine della sua lettura. Questa domanda rimane senza risposta fluttuando nella sospensione del presente.