Sulle sponde opposte del mediterraneo, separati solo da un tratto di mare, i due sono uniti da una umanissima relazione con coloro che quel mare cercano di attraversarlo, trovandovi invece spesso la morte.
Un giorno Mohsen Lidhabi, a Zarzis, Tunisia, cercando sulla spiaggia materiali per le proprie sculture, trova un corpo.
Senza troppe domande decide di dare allo sconosciuto degna sepoltura, scatenando infinite polemiche nella propria comunità di origine e tra i sostenitori di Ben Alì.
Su un’altra sponda del Mediterraneo, a Lampedusa, Vincenzo, assiste alla stessa epifania e prende la medesima decisione, sollevando le critiche della comunità religiosa che contesta l’uso delle croci per il seppellimento di uomini non cattolici.
Poco dopo Vincenzo riceverà una lettera scritta in francese da un mittente sconosciuto che, come lui, ha scelto di dare sepoltura ai corpi senza nome arrivati dal mare in seguito alla Primavera Araba.
I due uomini, Mohsen e Vincenzo, e il loro timido contatto ci parlano di un’umanità profonda che si confronta con l’osceno della storia attuale; le reazioni delle comunità di appartenenza raccontano, invece, della perenne lotta dell’uomo per la dignità, anche a costo dell’emarginazione.
Vorrei trattare, attraverso questa semplice e toccante storia di amicizia epistolare – filo rosso del racconto dagli echi sofoclei – di due sponde appartenenti a universi spazio-temporali differenti e in cambiamento.
Ponendomi in ascolto delle due comunità con le differenti usanze, tradizioni, lingue, religioni, vorrei raccoglierne nuove idiosincrasie che ne delineino una moderna antropologia.
La Sicilia post-berlusconiana quasi fosse un paesaggio lunare attraversato da detriti, cani randagi, turisti invadenti, quads strombazzanti e bambini ormai privi di innocenza, appare come un mondo di povertà e disincanto che teme la memoria e la sfugge, soffocato dai meccanismi crudeli della comunità; la Tunisia nel fondamentale passaggio post-rivoluzionario rivive invece gli echi della propria storia tra il museo della memoria costruito da Mohsen – per ricordare chi è partito -ed una identità in via di definizione”.
Irene Dionisio