Walls and Borders - 2 parte

Seconda parte della rassegna di cortometraggi Walls and Borders

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Residui di guerra

Regia di: Teo De Luigi ( 4'20" )

Dopo la guerra dei Balcani, l’ultima del XX secolo in Europa, il film vuole essere un piccolo ma irriducibile manifesto contro ogni conflitto. Lo fa seguendo i gesti dei ragazzi, osservando i loro giochi e le loro avventure, ma anche i loro smarrimenti, le loro infermità, le loro morti. Davanti agli occhi di questi sopravissuti sta il futuro. A noi resta il compito di continuare a raccontarlo.

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Leo

Regia di: Gianluca De Serio, Massimiliano De Serio ( 2009 , 5' )

Leo, ventenne appena uscito dal carcere, racconta la visione della sua fuga, tra memoria e improvvisazione, in un viaggio visionario nel paesaggio della sua pelle.

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Digli che ti vedi

Regia di: Nicholas Di Valerio, Ludovica Isidori ( 3'20" )

Durante le riprese di un documentario, Pasquale, 18enne affetto da autismo, scopre la videocamera e l'immagine, forse di se, che questa rimanda.

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Cailloux

Regia di: Luciano D'Onofrio, Alberto Signetto ( 2009 , 2’30" )

La fuga di Walter Benjamin dal nazismo ha come sua ultima e definitiva tappa Port Bou.

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Maya

Regia di: Luigi Roccati, Zena El Khalil ( 5'10" )

Zena el Khalil è artista e scrittrice. Nata a Londra, vive e lavora a Beirut. Nei suoi lavori utilizza varie forme d’espressione: la pittura, la performance e l’installazione, con l’uso di differenti tecniche che includono anche il collage e la scrittura. La violenza e la guerra sono le principali tematiche che affronta; nelle sue opere i militari, donne e uomini, e i civili sono ornati con fiori di plastica, brillantini, soldatini giocattolo, tessuti, gioielli e altri oggetti raccolti a Beirut.
Accanto alle esposizioni in personali e collettive a livello internazionale, el Khalil è molto attiva nel promuovere e rappresentare gli artisti arabi in numerosi progetti culturali.
Durante l’invasione del Libano ad opera degli Israeliani nel 2006, l’artista ha aperto un blog (beirutupdate.blogspot.com) per raccontare questo “assedio" durato 33 giorni attraverso il suo sguardo personale e le testimonianze delle persone attorno a lei. Il blog ha ricevuto l’attenzione della stampa internazionale. Ha da poco pubblicato il suo primo libro, l’autobiografia “Beirut I love You."

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Episodio rurale

Regia di: Andrea Fenoglio, Diego Mometti ( 5'10" )

L’intreccio tra zone rurali e zone urbane si rafforza sempre più. Il racconto di Silvano Galfione, pastore e casaro del Pinerolese, documenta lo scontro tra lo spirito cittadino che va a riabitare la campagna e l’agricoltore che lavora la campagna. Il tanfo, le zanzare, gli inconvenienti naturali per l’agricoltore diventano elementi insopportabili per il “cittadino rurale".
Sul racconto di Galfione scorrono delle sequenze che mostrano alcuni brandelli di campagna Pinerolese attraversati dalla tangenziale. Muri e bordure di una “Rururbanizzazione".

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Quinto stato esiste, non appare, quindi non esiste!

Regia di: Giacomo Ferrante ( 5'20" )

Dialoghi telefonici tra cittadini-spettatori e politici locali sulla questione chiave dell’immigrazione straniera in Italia.

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Tie-break

Regia di: Davide Ferrario ( 2'40" )

Un giorno qualsiasi durante l'ora d'aria in un cortile del carcere delle Vallette a Torino. Una partita di pallavolo tra detenuti diventa sempre più imprevedibile.

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300 secondi dall’inizio

Regia di: Richi Ferrero ( 5' )

Tra i muri quello dei morti. I morti chiusi nel muro. Murati morti. Ordinati, uguali, indiscriminati. Quello che presentiamo è un documento raro. Un’anima bastarda di persona ignobile varca la soglia del riposo eterno, un angelo anziano l’accoglie ed è probabile che gli stia suggerendo qualcosa di molto importante che noi non riusciamo, da vivi, ad ascoltare. L’anima bastarda procede con il passo arrogante della sua esistenza fino al fondo del lungo corridoio, aprirà il portone che non doveva aprire e scomparirà oltre la soglia. L’anziano angelo lo aveva avvertito. Noi non possiamo capire.

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Sguardi capovolti

Regia di: Massimiliano Finotti ( 5' )

Il corto si interroga sul meccanismo della visione, il sistema stesso viene capovolto e rielaborato. Lo schermo diventa un passaggio per una visione biunivoca e speculare. Anche gli attori attendono che il pubblico li diverta e li coinvolga e, nel frattempo, vivono la loro esistenza filmica spiando e consci di essere guardati. In questo gioco dadaista, in un secondo livello, si aprono piccoli spazi comici e una non velata critica verso i reality e ai suoi fruitori.

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L’urlo

Regia di: Giuseppe Foglino ( 5'10" )

L’urlo di dolore col quale Angelo entra nella vita, costrettovi dall’egoismo degli adulti, gli rimane dentro indelebile.

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Nel loro mondo

Regia di: Pit Formento, Giovanni Panozzo ( 2009 , 5' )

Qualche giorno trascorso in un mondo a parte, separato dal nostro dal confine apparentemente insormontabile della disabilità. Ogni giorno, però, c'è chi quel confine lo varca, tracciando con la costanza un sentiero percorribile.

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Razza italica

Regia di: Silvia Formia, Adonella Marena ( 2009 , 4’30’’ )

Un’improvvisa azione teatrale su un tram in piena città. Due grotteschi personaggi si alternano nella lettura di leggi vecchie e nuove: il manifesto razzista del 1938, il pacchetto sicurezza del 2009. Mentre un pubblico variegato e sorpreso scopre inquietanti analogie, una migrante riflette sulla condizione dell’Italia attuale.

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Vratite se

Regia di: Daniele Gaglianone ( 1'40" )

Sarajevo, settembre 1998. Un ragazzo si avvicina alla città scendendo dalle colline, tempestate di tombe bianche. È un viaggio per ritornare, il suo; o forse è solo il desiderio che vive in un sogno.

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Un sasso nell'acqua

Regia di: Marcella Gilardoni ( 4'20" )

Diversi personaggi leggono e commentano, ognuno tradotta nella propria lingua madre e adattata alla propria situazione, la seguente frase dello psichiatra e filosofo martinicano Frantz Fanon:
"L’homme noir apprend à mépriser sa propre langue et culture et adopte celles de l’homme blanc… Il survit de la honte et de la culpabilité d’être noir en ressemblant autant que possible à l’homme blanc : il devient un homme noir qui porte un masque blanc... Lorsque, enfin, il découvre son état, il est trop tard. N’appartenant à aucune culture, l’homme noir a désormais perdu son identité, il ne lui reste que l’homme noir a désormais perdu son identité, il ne lui reste que l’humiliation et la haine de soi."

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Ruvido reverse

Regia di: Loris Laccu ( 2009 , 3'20" )

Chi non ha mai sognato di governare lo scorrere del tempo con un telecomando di un videoregistratore? Chi non ha mai sognato di velocizzarlo o rallentarlo, farlo andare avanti o indietro per raggiungere scopi che altrimenti non sarebbero possibili? Ruvido reverse è appunto un sogno, in cui l'uomo non è più succube dell'avanzare delle lancette ma bensì viceveresa.

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Stupro

Regia di: Bruno Larini ( 50" )

La realtà di ogni singolo individuo è ormai invasa dal potere della tv che controlla e “globalizza" le menti a scapito dell’individualismo e della propria personalità. La televisione ha una funzione di alterazione della percezione della realtà, con l’obiettivo di sviluppare un mondo ricco, di un dilagante e appianante conformismo. Le tematiche sopracitate sono il significato dell’opera in questione, dal titolo “Stupro". Nel video lo stupro tra la tv e l’essere umano è rappresentato in maniera metaforicamente fisica, principalmente con suoni e rumori di scherno e pianto.

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Un orizzonte più grande

Regia di: Grazia Licari ( 5'10" )

Una donna, a causa di circostanze fortuite, ritrova in un bivacco cittadino di sbandati, la figlia allontanatasi anni prima. La madre, Ivana, fa tutto ciò che è nelle sue possibilità per reinserire la figlia Mimì nel contesto sociale che più le è vicino: quello di una persona colta di medio reddito, in una grande città. Mimì sembra accettare docilmente questo cambio di regime e, per un certo tempo, vi aderisce nell’aspetto, nell’atteggiamento generale e nell’accettare di lavorare. Ma la mitezza di Mimì cela solo la curiosità di sperimentare fino a dove la porterà questo “salvataggio" materno; una volta che ha giudicato finito l’esperimento, la ragazza tornerà nell’ambiente randagio cui sente di appartenere, totalmente separato da quello della madre, seppure nella stessa città, fisicamente prossimo. Ciascuna nel suo recinto, o nel proprio appartamento, sembra sapere che questa separazione ha ormai carattere definitivo.

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Marrobbio

Regia di: Maurizio Lorenzati ( 4'40" )

Architetture industriali: simbolo di un lavoro che non c’è più e per tanti illusione di un’altra esistenza. Un moderno cantastorie nelle vesti di un disegnatore di muri racconta per immagini il viaggio della vita: un bambino nasce, cresce, incontra la guerra, l’amore, nasce altra vita, parte per il Viaggio, diventa fantasma. Maschere, incubi nei sogni di un’umanità troppo spesso indifferente e dimentica dei propri orrori.

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Shalom

Regia di: Roberto Mariotti ( 4'50" )

In mezzo al deserto, un checkpoint israeliano. Due giovani palestinesi, un ragazzo e la sorella, cercano di oltrepassarlo ma con scarso successo.
Poco distante, un soldato israeliano osserva la scena, senza intervenire.
La sera stessa, il soldato israeliano beve alcol in un bar, è solo, ha l’aria triste e sta ripensando a quello a cui aveva assistito. Improvvisamente, un ragazzino entra nel bar e gli consegna un biglietto. Il soldato lo legge ed il suo volto si distende, l’espressione cambia in un tentativo di sorriso.
Il soldato raggiunge il molo, accende la barca a motore e prende il largo, allontanandosi per diverse miglia dalla terraferma. Il motoscafo solca le onde verso l’orizzonte, finché non raggiunge una piccola barca a remi, ferma in mezzo al mare e con a bordo i due giovani palestinesi.
Le due barche arrivano a toccarsi, il ragazzo palestinese aiuta la sorella a trasbordare nell’altra barca, poi afferra i remi e torna verso la terraferma, mentre il soldato israeliano abbraccia la ragazza palestinese e la bacia appassionatamente.
La loro storia d’amore è possibile laddove non esistono muri e confini… è possibile solo in mezzo al mare.

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Tijuana

Regia di: Vincent Martorana ( 4'30" )

A Tijuana il y a la frontière. Ici on l’appelle « la ligne ».
In Tijuana there’s a border. Here it’s known as The Line.
A Tijuana c’è un confine. È conosciuto come "La Linea".

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